30 aprile 2005

Privo di Titolo

Camilleri torna all'epoca fascista dopo "La Presa di Macallé". Si narra la vicenda del "martire fascista" Gigino Gattuso. Un divertissement storico, un esercizio di stile.

29 aprile 2005

un po' come la madeleine...

E' ricomparso il cookie snack, anche se ora si chiama "Cucciolone cooky".

25 aprile 2005

Il Circolo chiuso

E' il seguito de La banda dei Brocchi, Jonathan Coe prosegue la saga della famiglia Trotter nel neolaburismo di Tony Blair. Si legge benissimo, ma sembra piu' un telefilm che un vero romanzo. Forse la vicinanza degli eventi, gli scenari noti, fanno sì che sia la trama a colpire, più che il significato del libro. Molto bello da leggere, ma una volta finito rimane poco da gustare.

21 aprile 2005

La Storia si ripete

Sembra che la sentenza della cassazione metta di nuovo in dubbio l'esistenza di una cupola mafiosa che prende decisioni e governa la mafia come una società segreta o come un'impresa. Questa più o meno era la tesi che veniva proposta negli anni sessanta e settanta, quando si diceva "la mafia non esiste". poi arrivo' Falcone e soprattutto Buscetta, a dimostrare (la tesi che sostenne il maxiprocesso) che la mafia, da sempre, si muoveva come un'organismo unico.
La mia opinione è che si inizino a restituire favori. Alle prossime elezioni in Sicilia la Cdl non perderà poi molto.

20 aprile 2005

il nuovo papa

Ratzi nostri

17 aprile 2005

La domenica e i domenicali

Da molti anni, la domenica compro il sole24ore per l'inserto culturale scoperto nei primi anni di università. Lo compravo a Parigi, lo compravo se possibile a Kobenhavn (quasi dieci anni fa, e i giornali arrivavano in ritardo di un giorno).
Al sole si associa la Repubblica: Gianni Brera è solo un vago ricordo di bambino per il sabato e la domenica (XXIV giornata di campionato....), ma c'è ora Gianni Mura. Con il quale sono poco d'accordo in fatto di calcio, ma che scrive bene di molte altre cose.
Il terzo giornale che per anni è stato affiancato ai due era il Manifesto, perché Chip&Salsa di Franco Carlini dice spessissimo cose intelligenti.
Ora via il Manifesto, ed è entrato Liberazione, che ha dato il via a un inserto culturale che va un po' alterno, ma che un paio di articoli buoni li regala sempre.
Repubblica, invece, non fa altro che deludere. Il sabato mette l'inserto dei libri (almanacco) e domenica un inserto che vorrebbe rifarsi ai grandi domenicali anglosassoni, dedicato più o meno alla cultura e al tempo libero.
Delude, però, perché sembra una spazzatura: tutto ciò che non si riesce a pubblicare in settimana - perché bisogna star dietro alle cravatte di Giovanardi o agli orecchini di Franca Ciampi, viene messo la Domenica. Per le recensioni del sabato, si chiede al parco giornalisti di parlare di un libro. Ora perché io dovrei trovare interessante Massimo Giannini (o Irene Bignardi, o chi per loro) che recensisce un romanzo me lo devono spiegare. Sarebbe molto meglio mettere due recensioni ogni giorno, piuttosto che dover riempire otto pagine a settimana di parole affiancate per tirare quattro paghe per il lesso.
E uguale, la domenica perché mi dovrebbe interessare un giornalista, una "grande firma" come Zucconi, che scrive sull'appartamento del Papa? Cioè, il Sole24ore fa un'altra cosa: prende degli specialisti, che scrivono piu' o meno bene di cose che sanno, su cui lavorano. E quindi Paolo Rossi scrive di Storia della scienza, Paolini di gastronomia. E non ci sono interviste.

La Linea della Palma

Come scrivevo due post fa, il titolo del libro (BUR, 2002) viene da Sciascia, e Camilleri lo usa come metafora di una mentalità mafiosa che si sposta, come la palma, sempre più a nord, a piccoli passi.
Il racconto della vita di Camilleri è interessante, reso affascinante dal suo narrare. Il libro è un po' troppo lungo, non annoia ma alla lunga stucca.
Pero', soprattutto per la prima parte, sulla Sicilia, vale la pena.

12 aprile 2005

Livorno

In questi giorni si parla molto di Livorno. Domenica a Roma c'era Lazio-Livorno, carogne fasciste espongo striscioni orrendi, i tifosi livornesi come sempre con bandiere rosse, fieramente comunisti e bolscevichi. Per me anche troppo. In curva laziale appare uno striscione molto grande "roma è fascista". Ai livornesi, prima della partita viene sequestrato uno striscione che parla di 140 vittime senza giustizia.

Esiste un filo che collega l'Olimpico domenica 10 aprile, Ilaria Alpi, i militari americani, l'ENI. Il filo si ingarbuglia davanti a Livorno, nel 1991. Di notte, un traghetto di linea lascia il molo e punta verso la Sardegna. Trova sulla sua strada una petroliera, l'AGIP Abruzzo. Si scontrano, il traghetto prende fuoco. Il traghetto è il Moby Prince. 140 morti, tutti i passeggeri, tutto l'equipaggio tranne un mozzo al primo giorno di imbarco.

Quella notte di fronte a Livorno c'era di tutto: navi americane senza controllo, petroliere italiane che non si sa che facevano, e un'imbarcazione somala, probabilmente dedita al contrabbando d'armi. Questa probabilmente aveva appena fatto - di notte, di nascosto - il pieno dalla AGIP Abruzzo. Ci sono poi altre navi "fantasma" che scappano appena avviene la collisione del Moby Prince. C'e' una sorta di silenzio radio provocato. C'e' un elicottero che gira sulla rada. Ci sono testimonianze false, contraddittorie, palesemente pilotate. Ci sono 140 morti, più Ilaria Alpi e Miran Hrovatin che dopo aver indagato sull'imbarcazione somala, in Somalia, vengono assassinati. C'è un'unica condanna, un capro espiatorio che se la cava con poco.

Il primo nome che viene in mente è Ustica.

Ieri sera, il programma di Minoli "La storia siamo noi" ha mandato in onda un'ora di inchiesta sul Moby Prince. Vedere le cose tutte insieme è stato agghiacciante.

L'ENI è l'unica grande azienda internazionale rimasta in Italia. In Iraq, l'ENI era l'unica che avesse interessi da difendere, perché l'unica legata al petrolio.

A Livorno il 10 aprile 1991 non c'era nebbia, ma secondo i giudici c'era nebbia. I radar della petroliera erano spenti, ma secondo il capitano della nave erano accesi. I passeggeri sono morti in breve tempo, ma le immagini e i medici hanno dimostrano chiaramente che alcuni sono rimasti vivi per molte ore.

A Roma il 10 aprile uno striscione che ricordava i morti del Moby Prince non è stato fatto entrare. Le bandiere delle SS, della X MAS, gli striscioni fascisti, hanno avuto cittadinanza in quella curva.

11 aprile 2005

Cosa Nostra

John Dickie è un inglese che ha scritto una bella storia della mafia. Dice - lui, nell'introduzione - che l'essere straniero l'ha aiutato: tutto era più semplice, per l'assenza di pregiudizi da parte sua e nei suoi confronti. Ciò ha portato il libro lontano da molti luoghi comuni, anche se comunque non dice cose nuove. Pero', dice cose ovvie, persino da bar, che pochi dicono in Italia, soprattutto in libri editi da un editore mainstream come Laterza. Ad esempio, che Andreotti, non mafioso direttamente (la verità giudiziaria è questa), o era stupido, perché non si accorgeva di ciò che facevano i suoi amici siciliani, o era in malafede perché si copriva gli occhi. Per una persona che è stato il politico più influente della democrazia italiana nel XX secolo, non è un bel dilemma.
Era Pasolini a dire "Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi."
Cmq, soprattutto, Dickie è convinto che la mafia non sia una cosa antica, né una "cultura siciliana". E' un'associazione a delinquere di tipo massonico, una società segreta che esercita poteri là dove lo stato è debole, sovrapponendosi e affiancandosi ad esso, utilizzandolo in modo strumentale. Uno stato che si è spesso illuso di poter governare la mafia a proprio uso, ma che spesso ha dovuto fare i conti con questa bestia in cerca di potere e di denaro.
La storia arriva fino a Dell'Utri e Berlusconi. E il libro è assolutamente da leggere.

Per i casi della vita, ho trovato a disposizione per la lettura "La linea della palma", una lunghissima intervista biografica di Andrea Camilleri. Camilleri che ha conosciuto da vicino la mafia della prima metà del Novecento, quella prima del dominio dei Corleonesi, quella che ha usato anche il bandito Giuliano. Ma che anche, girgentino o quasi, ha visto il tentativo di golpe delle "stidde": ed è scampato a una sparatoria in un bar nel corso di questa guerra tra organizzazioni.