29 luglio 2008

Si prosegue con la Sardegna

Ferro Recente, altro giallo di Marcello Fois. Non male per nulla, anche se da qui, cioè, dal continente, non si sa quanto prendere sul serio la presenza di un terrorismo autonomista sardo così potente e pericoloso. Comunque è proprio una bella lettura.

Si chiama Violante di Rossana Copez, romanzo poco riuscito su una nobildonna catalana che prende possesso del suo feudo sardo nel XIV secolo. Personaggio storico realmente esistito, Violante fu la prima feudataria donna. Il fascino del personaggio viene però perso in sbrodolate pseudomagiche di poco spessore.

Il tutto mentre si progetta un giro in bici da quelle parti, nell'ultima decade di agosto, costa est.

20 luglio 2008

La Storia

Con stupore di molti di quelli che vedevano che lo stavo leggendo, no, non l'avevo mai letto prima. Muoiono tutti, una delle cose più tristi che mi ricordi, ma nonostante questo, il libro si legge con grande passione. Tutto giocato sulle emozioni e sulla contrapposizione micro/macro, la grande storia che passa sulle teste degli ultimi. Eppure, banalmente, la storia siamo noi, e grazie a romanzi come questo, che volutamente sembrano scindere le due dimensioni, ce lo ricordiamo. E come è facile ricordare in questi giorni, è l'ingranaggio collettivo della memoria che deve continuare a funzionare.

Quale amor non cambia

Romanzo di Giorgio Todde, un amore al tempo del colera a Napoli nel 1875, ma anche qui c'è la Saredegna di mezzo. Appassionante verso la metà del libro, dopo un po' si avviluppa nella trama alla ricerca del colpo di scena, che però non arriva perché il lettore un po' scaltro c'è già arrivato prima.
Comunque, ottima lettura.

Dura Madre

Il mio primo libro di Marcello Fois, giudizio decisamente positivo. La Sardegna non ha il mare, in questo giallo complicato il giusto, ma più culturale che poliziesco. Com'è ovvio, richiama Montalbano, ma l'isola è diversa, quindi comunque non ripetitivo. Presto anche gli altri, spero.

Zugzwang

Si torna a scrivere di libri.
Zugzwang, di Ronan Bennet è un romanzo ambientato a San Pietroburgo poco prima della rivoluzione bolscevica. Si gioca a scacchi, si parla di psicanalisi nella febbricitante atmosfera dell'epoca. Come si intuisce dall'uso di "febbricitante", il libro emoziona a fior di pelle ma non va da nessuna parte.

12 luglio 2008

Da Prato a Bologna

Erano anni che pensavo di farlo, e finalmente l'ho fatto: sveglia all'alba, treno regionale fino a Prato, poi Appennino in bici. 100km tondi tondi, comprese deviazioni erronee. Salita sempre pedalabile fino a Montepiano, poi picchiata lunga sul caldo versante emiliano. A Prato si fa la ciclabile sul Bisenzio fino a Vaiano, con deviazione appiedata per una galleria chiusa per frane. Poi si segue un'unica strada fino a Sasso Marconi. Il tratto più duro è San Quirico - Montepiano. Poco prima di Sasso Marconi, la strada entra nella vecchia autostrada A1, e non è bello, anche se c'e' poco traffico. Poi a Casalecchio, si deve stare attenti a non seguire le indicazioni per Bologna, perche' altrimenti ci si trova in tangenziale. Si deve quindi andare nel centro del paese, continuando la Porrettana.

11 luglio 2008

Un museo o un lunapark?

Alemanno inizia a museificare Roma, farne un unico monumento da guardare, laddove Veltroni l'aveva resa una grande vetrina di divertimento per i turisti. Dunque, mentre per WV la priorità era: forza venite gente e fate un po' come vi pare, ora con Alemanno è: venite, guardate, e andatevene, come fosse una sala del Louvre.
E chi abita sta città 365 giorni l'anno? Guarda i monumenti o vende souvenir?

Silenzio nucleare

L'8 luglio c'e' stato un incidente alla centrale nucleare di Tricastin, a pochi km da Avignone. 30 metri cubi di scarti con uranio e varia altra roba si sono rovesciati (merde, m'e' caduto un bicchiere...) nel corso di un'operazione di pulizia. 12g di uranio per litro, secondo le fonti ufficiali: il calcolo quindi sembra essere di 30000x12g= 360000g=360kg di uranio finiti nei fiumi.
Se n'e' parlato, poco, su vari siti ecologisti, sull'Unità e sul Corriere (un articolo).
Repubblica ha taciuto (salvo mettere un'agenzia oggi pomeriggio. Come mai se ne parla così poco? E perché Repubblica non ha colto al balzo quest'occasione per parlare male delle politiche nucleari del governo berlusconiano? Troppo impegnati a seguir Veltroni?

08 luglio 2008

Manco le basi

Stamattina facevo esami, alla facoltà di filosofia. Faceva esami anche la prof con cui condivido la stanza, lei insegna qualche filosofia di quelle serie, parlava di Spinoza, di Kant, e di altri nomi altisonanti. Da me si parlava di lui, tanto per dire la differenza.
Mentre il mio studente parlava di embrioni, brevetti, genomi, di là parte una domanda: "Chi è Mendelssohn?". Lo studente biascica, inizia a parlare. Alla richiesta di nazionalità e collocazione geografica, si ferma, basito.
- Cosa c'è a est della Francia?
- ...
- Lei viaggia? Ha viaggiato?
- Si
- Ecco, allora, se sta in mezzo alla Francia, prende il treno, dove arriva...
- uhm...
- Lei forse viaggia troppo in aereo...
- eh, sa...
- Un grande stato, un confine con molte guerre
- ...il Belgio...
- Si, ma il grande stato europeo...
- ah, la Germania!
- E qual è la capitale della Germania
- Monaco!

Spero che lo studente che stavo esaminando non si sia accorto della mia distrazione e degli sforzi per non ridere.

07 luglio 2008

Non Pensarci

Ennesimo errore: uno ci prova ad andare a vedere film italiani, sperando ogni volta che ci sia qualcosa oltre le semplici battute staccate l'una dall'altra e un minimo di senso generale.
Invece, "Non pensarci" non è un bel film. Si regge sulla capacità attoriale di Mastandrea, ma c'e' poco altro, se non la bellezza di Anita Caprioli. Con i soliti difetti dei film italiani. quello che colpisce di più, perché dura tutto il film, è il fatto che tre fratelli più o meno cresciuti insieme parlino tre dialetti diversi, e diversi dai loro genitori. Insomma, alla fine offre troppo poco per dire che è un bel film, troppo poco anche per dire che è un film, e decisamente troppo poco per 7 euro e mezzo.

06 luglio 2008

Catrame

Prima o poi doveva capitare: leggere un libro di Giuseppe Genna nonostante l'antipatia a pelle, e del tutto ingiustificata, in quanto non ne so praticamente nulla, rispetto al personaggio. L'occasione, dopo avere evitato per anni lo sguardo cattivo di Ishmael dallo scaffale, è data da un gialletto a un euro comprato su una bancarella. Meglio così, perché piu' di un euro non varebbe la pena di spenderci, su un libretto pieno di (imho) aggettivi ingiustificati, verboso e autocompiaciuto in alcuni tratti, appassionante solo per brevi periodi. Insomma, si legge e va via di buon ritmo, ma non mi è parso un granché.

04 luglio 2008

Fiori alla memoria

Secondo romanzo di Loriano Macchiavelli, del 1975 ma ripubblicato da Einaudi pochi anni fa. E' il primo a raggiungere il grande pubblico, edito da Garzanti, e mostra tutti i personaggi principali della avventure di Sarti Antonio. Lettura rapida e molto gradevole in una Bologna pre-77, i suoi colli e la Resistenza come memoria presente nei vivi e nei morti.

Priorità

E' chiaro che dovendo scegliere, qui si preferisce festeggiare la nascita di Alice piuttosto che quella degli USA.

03 luglio 2008

Ideologia e Biologia

Da Liberazione di ieri 2.7.08

La bufala del "contadino" Lysenko:
quando l'ideologia dettava la biologia


Nel giro di pochi mesi un altro libro di storia della scienza rimette in ballo la figura di Emilio Sereni e il ruolo del Pci nella politica culturale italiana. Dopo Il caso Pontecorvo di Simone Turchetti (già recensito su queste pagine), è ancora un giovane storico ad affrontare un altro "caso" della scienza italiana. Mentre nel caso Pontecorvo fu un italiano che varcò la cortina di ferro, qui troviamo un percorso inverso: dall'Urss staliniana giunsero in Europa occidentale le idee ‘rivoluzionarie' di un agronomo, destinate a generare dibattiti decennali e ad addurre molti lutti - non solo metaforici, purtroppo - nella comunità dei biologi. È questo viaggio concettuale che viene descritto da Francesco Cassata in Le due scienze. Il caso Lysenko in Italia , da poco uscito per Bollati Boringhieri (pp.291, euro 28).
Trofim Denisovic Lysenko, in base a esperienze pratiche maturate nei campi sovietici, sostenne di aver dimostrato la possibilità di trasformare specie vegetali e animali: non mediante la selezione artificiale sulle mutazioni casuali all'interno di una popolazione, come si è fatto per millenni, ma direzionando il cambiamento verso le caratteristiche volute. Lysenko riproponeva, sotto altro nome, l'eredità dei caratteri acquisiti (lamarckiana), e asseriva quindi di poter produrre nuove varietà di grano e di altre specie di interesse agricolo capaci di sovvertire i normali cicli biologici: per esempio, piante da seminare in primavera e raccogliere in autunno, così da evitare i pericoli delle gelate. Una rivoluzione scientifica, accompagnata da una dura critica nei confronti della genetica nata nei paesi capitalisti, darwiniana e fortemente centrata sulla distinzione tra il germe e il soma, ovvero tra le immutabili particelle ereditarie e le cellule che compongono l'organismo adulto. Lysenko e un ristretto numero di altri scienziati vedevano invece nelle loro teorie l'applicazione dell'aspirazione socialista a cambiare il corso della natura, laddove la scienza capitalista era conservatrice, reazionaria, nella sua metafisica meccanicista che negava la possibilità di un cambiamento rapido e direzionale. L'opposizione al lysenkismo nell'accademia sovietica, che pure era all'avanguardia nella genetica e vantava di gran credito anche all'estero, fu rapidamente stroncata dall'efficiente apparato staliniano. Nikolaj Vavilov, direttore dell'Istituto di Genetica nell'Accademia delle Scienze e principale avversario del nuovo corso della genetica sovietica, rimosso da ogni carica, fu condannato nel 1941 per spionaggio (aveva mantenuto rapporti con i suoi colleghi inglesi) e morì in carcere nel 1943.
In Italia, alcuni biologi interni al Pci si fecero portavoce della nuova istanza scientifica che proveniva dall'Urss. Francesco Cassata ha ricostruito nel dettaglio questo caso di cieca obbedienza ideologica, fortemente caldeggiata dal Partito, che si tradusse in una sconfitta culturale epocale e che ha influenzato quasi 4 decenni di dibattito interni al marxismo e sul rapporto tra ideologia e scienza. Emilio Sereni, la cui fedeltà all'Urss lo portò a più di un errore (ça va sans dire, con il senno di poi), fu sicuramente il più attivo esponente del partito nel predicare il verbo lysenkoista. Con articoli su riviste, convegni, pubblicazioni, Sereni impiegò ogni mezzo di propaganda culturale, mettendo in moto la vasta rete di contatti su cui poteva contare il partito per mettere in crisi il modello scientifico della genetica occidentale. Con lui si mossero in molti, mettendo in luce più che gli aspetti strettamente biologici e sperimentali della scienza sovietica (peraltro estremamente deboli nel caso di Lysenko & co.), il nuovo rapporto che in Urss esisteva tra ricerca e società. La dimensione applicativa era predominante, in contrasto con la scienza di laboratorio che caratterizzava le strutture di ricerca capitaliste. Il "contadino" Lysenko era superiore ai tanti professori in camice bianco che invece di studiare il grano o le patate si affannavano a capire i segreti di un inutile insetto, la drosofila, oggetto della ricerca nel capitalismo decadente.
Furono diversi i biologi che si esposero in favore della biologia sovietica: ricordiamo tra tutti Massimo Aloisi (attivo sostenitore del ruolo del materialismo dialettico nella scienza, ma con numerose riserve sul lysenkoismo e per questo più volte richiamato da Sereni) e Franco Graziosi, protagonisti di molte pagine di questo libro. La lotta fu comunque durissima, e molti furono gli scienziati che pur schierati politicamente con il Pci o comunque a sinistra (citiamo tra gli altri, Giuseppe Montalenti e Adriano Buzzati-Traverso) evidenziarono da subito le falle scientifiche e ideologiche del lysenkoismo. Ciò che crollò, con la fine dello stalinismo, fu dunque non solo un'ipotesi biologica completamente sballata, ma anche l'idea che il materialismo dialettico potesse apportare significativi contributi nel campo della scienza.
L'ottimo lavoro di Cassata, che utilizza una montagna di documenti inediti provenienti da numerosi archivi, non si ferma tuttavia al "caso". Se da un lato mette a fuoco anche il formarsi della genetica come disciplina istituzionale in Italia, dall'altro osserva l'ombra di Lysenko, dura a morire. A ogni tentativo di analizzare in modo critico le influenze socio-politiche sulla scienza, l'ambiente culturale italiano - anche legato al Pci - ha reagito con una difesa della scienza "pura", libera da qualsivoglia legame con la società che la produce, e il nome di Lysenko tuttora emerge per screditare chi "viola" il tempio positivista della scienza, magari facendo solamente notare che la ricerca risponde sempre più a logiche economiche. Ben venga quindi un libro che va alle radici di un tic culturale tipicamente italiano e che fa riflettere sull'incapacità di questo paese di produrre una seria riflessione sul rapporto tra scienza e società. Un'assenza culturale che purtroppo si rispecchia nella mancanza di una vera politica scientifica, che non sia asservita a polemiche da cortile (come nel caso dell'uso delle cellule staminali embrionali) e abbia un orizzonte più ampio dei soli interessi del mercato e della difesa (o più raramente della riforma) dei poteri accademici.