01 maggio 2005

La Sicilia e i Siciliani

Dopo Camilleri, il classico "Il giorno della civetta" di Leonardo Sciascia. E' qui che si trova la metafora della linea della palma.
Sciascia ha un modo di scrivere che affascina e intriga. Per rendere la sicilianità, invece dell'intenso uso del dialetto che fa Camilleri, usa la costruzione della frase: barocca e arcaica, spesso il verbo alla fine. L'impressione è quella di un tavolo di legno scuro ottocentesco, semplice, con le gambe un po' tondeggianti, che sta in mezzo a una cucina contemporanea di metallo e colori plastici. Rimani stupito ma poi inizi a notare una certa armonia dovuta al confronto. Si porta il passato, un modo di pensare con radici antiche, in un presente che sentiamo più vicini. Ma il passato è lì, ineliminabile. Come i figli dei mafiosi che studiano nei collegi svizzeri e hanno master in business administration. Come ringrazieranno chi li ha fatti studiare sul sangue di altri? Mi piacerebbe saperlo: esiste un senso di colpa, un rinnegamento, una voglia di allontanarsi, un rifiuto?
Dovremmo però forse farlo anche noi, che siamo cresciuti in un mondo divenuto ricco e prospero a spese del restante ottanta per cento del pianeta. Ogni volta che mi capita di salire su un'auto o un motorino, mi viene in mente la domanda: quanti chilometri faccio con un iracheno?

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