13 novembre 2007

Altri due semi

Due citazioni dal Manifesto di oggi.

Gli ultras hanno un espressione per tutto questo: lo chiamano calcio moderno. È il progetto di non lasciare neppure un lato in ombra dentro lo stadio, il loro stadio, la loro terra. Perché il calcio moderno è (o meglio sarà - e non manca molto) uno spettacolo profano, televisivo, ordinato. Paghi il biglietto, ti siedi, entri, guardi, applaudi. Quello che è successo ieri è probabilmente il canto del cigno della cultura ultras, lentamente espulsa dagli stadi (dove non serve più, è impresentabile per tutti) e ricacciata nelle strade gomito a gomito (purtroppo) coi protagonisti dei raid anti-immigrati, i neofascisti che mescolano nel torbido, i fratellini minori dei ravers imbottiti di pasticche che ballavano la musica di Gabbadj. Oppure, dove? (Alberto Piccinini)

Siamo davanti a un passaggio estremamente delicato della questione ultras nel nostro Paese. La crisi generale del calcio italiano - fenomeno ormai legato più alla televisione che allo stadio - e la durezza crescente, per quanto relativa, delle misure antiviolenza rischiano di produrre effetti devastanti. Rischiano cioè di favorire all'interno del movimento i gruppi più duri, più motivati, le organizzazioni più ricche, quelle che affidano il loro agire a progetti che vanno al di là del tifo per una squadra o per l'altra. In questo senso, la comprensione dei fatti di Roma rimanda più alle vicende connesse all'omicidio di Giovanna Reggiani nel campo rom di Tor di Quinto che non alla morte tragica di Gabriele Sandri nell'autogrill di Badia del pino.
La destra antisistema, forza egemone incontrastata delle curve romane, lavora da anni per trasformare gli spalti nell'avamposto della lotta contro la società multirazziale. Le forze oltranziste del neofascismo puntano a ribaltare la funzione di integrazione socioculturale che il calcio vuole svolgere nell'Europa contemporanea. A un calcio che, simbolicamente, per quello che può e con le contraddizioni proprie di una industria rigidamente dominata dalle logiche della globalizzazione neocapitalistica, vuole contribuire ad abbattere le barriere razziali, l'estrema destra contrappone l'immagine di un calcio profondamente identitario, prevalentemente bianco, con un tifo militante, molto legato al territorio e che sappia guardare oltre gli spalti. E' un investimento politico speso con intelligenza, spregiudicatezza e impegno quotidiano. E che, purtroppo, la crescita del clima di intolleranza razziale in Italia sembra rivelare non infondato. E' bene allora seguire con grande attenzione gli sviluppi delle indagini della procura di Roma. Con la consapevolezza che in gioco c'è la democrazia e non (solo) il campionato di calcio.
(Guido Liguori, Antonio Smargiasse)

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