Il piccolo diavolo nero
Romanzo di Gianfranco Manfredi (2001). L'autore è uno di quei personaggi poliedrici cresciuto nel calderone degli anni Settanta del XX secolo, e fa di tutto un po' nel mondo dell'arte pop: fumetti, cinema, musica, romanzi. Lo conoscevo di nome, ne conoscevo qualche canzoncina, a malapena il fumetto (uscito quando la Bonelli non atirava piu' i miei soldi), mai letto nessun romanzo.
Questo l'ho trovato su una bancarella, 3 euri. Parla di bici, del mitico Romolo Buni, e quindi via, acquisito. La scena è la Milano fin de siècle, il XIX ça va sans dire, quando le bici stanno diventando sempre più popolari, Lombroso le pensa strumento di crimine e "grassazione", e se i benpensanti ne hanno paura, in tanti ci si appassionano, come sport, come veicolo, come strumento di liberazione, o come passione comune che unisce un gruppo di amici.
Il romanzo si snoda quindi tra i racconti delle sfide tra ciclo e cavallo, tra le figure di Romolo Buni (Molla Buni!) e quella di Bufalo Bill (nelle sue tante incarnazioni), tra le rivalità tra giornali e le rivalità amorose tra gli amici, per finire sulla repressione del feroce monarchico Bava, il tutto condito in qualche salsa d'anarchismo.
Il che rende un po' l'idea di quanta roba ci sia nel romanzo, documentatissimo e dettagliatissimo: se fosse riuscito bene, sarebbe stato un capolavoro. Se Manfredi avesse avuto voglia di fare piu' soldi, ne avrebbe scritti tre, di romanzi. visto che non ha fatto né l'uno, né l'altro, il romanzo rimane sospeso tra l'affresco storico e l'incompiuto, tra la foto e il film. Le storie non si legano molto tra loro, e quindi non c'e' un vero intreccio ma storie accomunate da nomi.
Qualcosa poi si puo' dire sulla scrittura: il voler per forza usare espressioni dialettali va anche bene, ma poi dover perdere tre righe a spiegare cosa e' stato detto nelle tre parole precedenti, appesantisce il tutto. Soprattutto quando si tratta di scene con dialoghi tra amici, i quali chiaramente non si dovevano tradurre tra loro il milanese.
Voto finale, sufficienza, per il molto impegno e la passione. Ma ci sarebbe voluto un buon editor, capace di tenere a freno l'autore, arginarlo e indirizzarlo.
Nessun commento:
Posta un commento