29 giugno 2010

Il nipote del negus

Camilleri ambienta un altro romanzo nel ventennio fascista. Qui siamo alle prese con la (vera) storia di un nipote del negus Selassié che andò in Sicilia come allievo alla scuola delle miniere. Le vicende raccontate sono invece inventate: il principe si tromba praticamente tutto ciò che si muove, chiede sempre soldi ai fascisti - stupidi e meno stupidi, mentre il duce e i gerarchi locali cercano di sfruttare a proprio vantaggio la presenza di questo uomo nero nella provincia di un paese provinciale. Strutturato come La concessione del telefonoe, cioè come se si leggessero i faldoni di un archivio, è soprattutto un romanzo comico, una godibilissima presa in giro del regime fascista.

21 giugno 2010

Forte Movimento

ROmanzo di Jonathan Franzen. Bellissimo sotto alcuni aspetti, potrebbe essere piu' corto di almeno un centinaio di pagine. Inesperienza e mancanza di un buon editor hanno reso questo romanzo di Franzen (scritto nel 1992) un po' barocco. La traduzione forse non aiuta, ma sicuramente ci sono pagine intere che sembrano essere ornamento senza sugo né senso. In generale, pero', il romanzo va letto, soprattutto in questi giorni in cui una compagnia petrolifera sta distruggendo il golfo del Messico: nel romanzo, la Sweeting Aldren combina qualcosa di grosso nel sottosuolo di Boston. Da leggere.

Le inchieste del commissario Collura

Forse le cose piu' inutili scritte da Camilleri: otto raccontini apparsi sulle pagine della Stampa nell'estate 1998, riunite in una raccolta con l'aggiunta di un'intervista all'autore. Se avete tempo da perdere, scegliete altro, che tanto questo si finisce in un'oretta.

03 giugno 2010

Draquila

Film di Sabina Guzzanti. Brutto, girato male, non dice nulla di nuovo per il pubblico che lo andrà a vedere (selezionato in partenza). Propagandistico senza fare inchiesta, ci dice - e graziarcazzo - che berlusconi ha speculato sul terremoto a L'Aquila. Ci dice che Bertolaso e la Protezione Civile hanno militarizzato il territorio e hanno distribuito miliardi agli amici. Poco altro. Gli abruzzesi per la maggior parte sembrano essere dei lobotomizzati. Sono rimasto molto perplesso di fronte a questo tentativo della Guzzanti di far cinema-verità: il risultato è un malriuscito incrocio tra le Iene e Michael Moore, con il peggio di entrambi. Peccato.

01 giugno 2010

Canale Mussolini

Romanzo di Antonio Pennacchi. Un lungo racconto, quasi un montaggio di pomeriggi passati al bar a sentire un vecchio del paese che narra la storia della sua comunità. Dalla bassa padana (riva destra o sinistra, rovigo o ferrara) al basso lazio, l'agro pontino che mascellone fece bonificare negli anni Trenta. E' una storia che Pennacchi scrive da molto tempo, in libri e articoli, qui romanzati sotto l'ombrello di un'enorme famiglia Peruzzi, fascistissimi contadini trasferiti al Podere 517 quando si arriva a "quota 90" e i maladeti Zorzi Vila mandano in rovina i loro mezzadri. Ognuno ha le sue ragioni: questo il ritornello di basso profilo che risuona in continuazione nella microstoria. Mussolini le sue, i tedeschi le loro, gli abissini pure, i comunisti anche, ecc ecc. Miopia, sicuramente: ognuno guarda il proprio orto, mai uno slancio al di fuori della propria famiglia. Buoni e generosi, capaci di ogni carognaggine (contro i vicini, contro i parenti acquisiti, contro i socialisti, contro i preti, contro altri fascisti, contro gli abissini) e del suo contrario, ma assolutamente in balia di ciò che accade intorno a loro. Mai una resistenza, al massimo qualche sotterfugio per salvarsi il culo. Fascistissimi, ma il grano all'ammasso non si manda tutto e si nasconde qualche sacco perché serve. Secondo l'io narrante (Pennacchi stesso, praticamente), è il ritratto dell'italiano, che fosse prima socialista, poi fascista, poi democristo e ora berlusconiano. Nulla cambia: ognuno gà le so razon e via così. Un romanzo non partigiano? Parteggia per la famiglia, nel senso che ne racconta la storia, verosimile se non vera, che è stata raccontata e tramandata.
La lettura è quindi non quella dei tanti libri di storia, ma un'altra, e non ci si deve aspettare una storiografia accurata, che abbia tutte le fonti secondarie e primarie, documenti, ecc ecc. Pericle Peruzzi (aka Antonio Pennacchi) non è né De Felice, né Del Boca, né altri. Ha raccontato la propria famiglia, buona e cattiva, durante il fascismo, non tutto il fascismo. Apologetico? Sicuramente, ma non tanto per il regime quanto per le gesta della propria famiglia, che dal regime ha avuto qualcosa (molto più di altri...) e con cui ha collaborato.
La narrazione storiografica comprenderà anche questo romanzo, ma non è questo romanzo.
Qui trovate anche un po' di discussioni sul romanzo, con Pennacchi che risponde (coloritamente...).
Insomma: libro consigliato, anche se il ritmo narrativo stanca un po'.