Romanzo di Antonio Pennacchi. Un lungo racconto, quasi un montaggio di pomeriggi passati al bar a sentire un vecchio del paese che narra la storia della sua comunità. Dalla bassa padana (riva destra o sinistra, rovigo o ferrara) al basso lazio, l'agro pontino che mascellone fece bonificare negli anni Trenta. E' una storia che Pennacchi scrive da molto tempo, in libri e articoli, qui romanzati sotto l'ombrello di un'enorme famiglia Peruzzi, fascistissimi contadini trasferiti al Podere 517 quando si arriva a "quota 90" e i maladeti Zorzi Vila mandano in rovina i loro mezzadri. Ognuno ha le sue ragioni: questo il ritornello di basso profilo che risuona in continuazione nella microstoria. Mussolini le sue, i tedeschi le loro, gli abissini pure, i comunisti anche, ecc ecc. Miopia, sicuramente: ognuno guarda il proprio orto, mai uno slancio al di fuori della propria famiglia. Buoni e generosi, capaci di ogni carognaggine (contro i vicini, contro i parenti acquisiti, contro i socialisti, contro i preti, contro altri fascisti, contro gli abissini) e del suo contrario, ma assolutamente in balia di ciò che accade intorno a loro. Mai una resistenza, al massimo qualche sotterfugio per salvarsi il culo. Fascistissimi, ma il grano all'ammasso non si manda tutto e si nasconde qualche sacco perché serve. Secondo l'io narrante (Pennacchi stesso, praticamente), è il ritratto dell'italiano, che fosse prima socialista, poi fascista, poi democristo e ora berlusconiano. Nulla cambia: ognuno gà le so razon e via così. Un romanzo non partigiano? Parteggia per la famiglia, nel senso che ne racconta la storia, verosimile se non vera, che è stata raccontata e tramandata.
La lettura è quindi non quella dei tanti libri di storia, ma un'altra, e non ci si deve aspettare una storiografia accurata, che abbia tutte le fonti secondarie e primarie, documenti, ecc ecc. Pericle Peruzzi (aka Antonio Pennacchi) non è né De Felice, né Del Boca, né altri. Ha raccontato la propria famiglia, buona e cattiva, durante il fascismo, non tutto il fascismo. Apologetico? Sicuramente, ma non tanto per il regime quanto per le gesta della propria famiglia, che dal regime ha avuto qualcosa (molto più di altri...) e con cui ha collaborato.
La narrazione storiografica comprenderà anche questo romanzo, ma non è questo romanzo.
Qui trovate anche un po' di discussioni sul romanzo, con Pennacchi che risponde (coloritamente...).
Insomma: libro consigliato, anche se il ritmo narrativo stanca un po'.