Romanzo Criminale, il film
Romanzo Criminale, il film
Partendo da un libro bellissimo, che parla in seicento pagine di vent’anni di storia italiana, era difficile fare peggio. Cioè, la storia era bella pronta, con i tratti peculiari della romanità e dell’epica romanzesca che De Cataldo ha saputo infilare nel racconto. Il film, dunque, vive su quella che di per sé è una bella storia. Ma poi non va oltre. Anzi, la presenza di Accorsi è spesso disarmante, provoca risate imbarazzate in platea. Gli altri sono però bravissimi, in particolare Rossi Stuart.
Un po’ di anacronismi qua e là, tipo la Porsche 911 troppo moderna, o una Mercedes 190 che nel 1980 fa da taxi di fronte alla stazione di Bologna. E poi la morte del libanese, che si svolge all’alba ma poi quando c’è la polizia è notte con i lampioni accesi.
Manca il Pidocchio, manca la tomba in terra consacrata, e manca la Storia, che invece nel libro si faceva sentire.
Da tagliare, oltre a tutte le scene con Accorsi, le finte animazioni sulla strage di Bologna, e i due minuti finali, finiti lì per caso.
Sono uscito pensando – piuttosto banalmente – che Scorsese avrebbe fatto un capolavoro assoluto. Che Tarantino avrebbe superato Pulp Fiction. Che Caligaris, con Mastrandrea, avrebbe saputo cogliere meglio la Magliana, epitome di una Roma tra baracche e modernità.
Dunque, nonostante l’amaro in bocca, alla fine si becca la sufficienza, e sarà forse l’unico film in cui il remake sarà meglio dell’originale. Spero nei prossimi vent’anni lo facciano.
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