Occhi della tigre
Nel 1990 non avevo neanche 16 anni, giocavo nella squadra dell'Oratorio di San Paolo, si facevano campionati di bassissimo livello. Avevano appena riaperto la sezione di pallavolo maschile, che ora è diventato una fucina di talenti.
Nel 1990 probabilmente fu l'unica volta in cui seguii davvero un evento di pallavolo cui non prendevo parte in qualche modo (giocatore, arbitro, segnapunti, autista): il mondiale in Brasile, il primo vinto dalla nazionale italiana che ha dominato quel decennio. Tofoli, Zorzi, Lucchetta, Cantagalli, Tofoli, Gardini. E Lorenzo Bernardi. Si è ritirato la settimana scorsa, Bernardi, a 39 anni. Lui era quello degli occhi della tigre di Julio Velasco, quello a cui dare l'ultima palla e sperare che fosse lui ad andare a servire sul 15-14 al quinto set. Antipatico, non un cazzone come Zorzi o Lucchetta. Né uno con la faccia normale di Tofoli o di Gardini, né grosso e potente come Cantagalli. Bernardi aveva - almeno nella mia memoria - le occhiaie, era un po' emaciato, stempiato già a vent'anni. Poteva sembrare un vampiro, a tratti. Io gioco come palleggiatore e quindi avevo gli occhi su Tofoli, ma la memoria di quella squadra è Bernardi che mette giù l'ultima palla in finale, con Bernardi che poi corre per il campo.
Non so se mi fa più effetto vedere che si ritirano i campioni della mia adolescenza, o vedere che i campioni di ora hanno 15 anni meno di me. Quando gaurdavo Bernardi giocare, c'era ancora il cambio palla, la vita era più facile e si potevano mangiare anche le fragole.
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