Giovedi' notte, a Roma, all'incrocio tra via Cavour e via dei Fori Imperiali una ragazza in bici di 28 anni è stata investita da dietro da un taxi. E' morta dopo due giorni. La conoscevo: veniva ogni tanto in ciclofficina centrale per mettere a posto una delle due bici che usava. Ieri mattina l'avevo pensata, prima di sapere la notizia, quando ho intravisto l'altra bici su cui avevo messo personalmente le mani, legata sotto casa sua. Ieri pomeriggio ho saputo che era morta.
Tornando a casa ieri notte, in autobus, meditavo sul fatto che il casco non lo metto mai, che troppo spesso le condizioni in cui pedalo non sono molto sicure. E cosi' quelle di tante altre persone che conosco e cui voglio bene che quotidianamente vanno in bici, per scelta o per necessità. E' diventato necessario difendersi, quando si scende in strada: per andare al lavoro, uscire la sera, andare a fare la spesa. Casco, mascherina antismog: difendi le ossa e gli organi interni. E non stai scendendo in piazza per chiedere l'abbattimento del capitalismo o le dimissioni di Berlusconi: stai solo conducendo la tua vita. Forse farlo in bici è un atto politico quanto un corteo.
Via dei Fori Imperiali è stata appena rifatta: i sampietrini che una volta erano un incubo ora sono lisci come un biliardo. I marciapiedi nuovi di zecca, con gli scivoli e le aiuole sistemate. due belle corsie preferenziali per autobus e taxi. Ovviamente, ora che non ci sono più le buche infami, il viale è diventato un'autostrada nel centro della città. Nessuno ha pensato (né Veltroni prima, né Alemanno dopo) a fare una corsia ciclabile, né a far sì che questo rettilineo non diventasse occasione di corse ad ogni ora del giorno.
La notizia della morte di Eva non ha raggiunto alcun mezzo di comunicazione: solo su Facebook, e un comunicato passato inosservato (biciroma.it). Forse perché era coinvolto un tassista, forse perché certe cose ormai sono come il meteo: piove, muore un ciclista tirato sotto da un taxi, toh, è uscito il sole.
Mi becco anche gli insulti dalle teste di cazzo che aprono le portiere in doppia fila senza guardare, di chi ti taglia la strada perché non poteva perdere 7 secondi nella gara quotidiana della sua vita in auto: in genere gli do' dei criminali o dei fascisti, a seconda dell'umore, anche tutti e due. Hanno la faccia di rispondere, mai una scusa, mai uno sguardo di comprensione, al massimo compassione per la. La strada è di chi se la prende, recita un'orrenda pubblicità di un'auto enorme e inutile.
E noi continuiamo a pedalare, in difesa, sempre di più.
Update: appuntamenti per i prossimi giorni.
Altro update: ADN Kronos e ciclistica.it