Pezzo uscito su Queer-Liberazione di oggi.
Finite le due settimane di ferie, R.O. (usiamo le iniziali per proteggerne l'anonimato) rientrò in azienda: un po' abbronzato, rilassato dopo un inverno di stress. Varcata la porta dell'ufficio, salutata la segretaria all'entrata, nell'open space dove espleta le sue funzioni amministrative ritrova le solite facce, anche queste abbronzate e rilassate. Gli amici con cui fa il poker del giovedì sera e ogni tanto guarda le partite, o ci gioca a calcetto. Poi lui, B.P. (anche qui le iniziali), evitato da tutti, ma a tutti noto con simpatici soprannomi: l'infame, il bastardo, il porco, ma soprattutto, lo stronzo. Entrato in ufficio da due anni, B.P. aveva perseguitato tutti: sfuriate in pubblico, email minatorie, insulti sessisti, litigi con i clienti. Le lamentele con i superiori si erano scontrate sempre con lo stesso mantra: «E' il migliore di voi, imparate da lui: certo e' un po' caratteriale, ma guardate i suoi risultati!».
I numeri gli davano ragione, a B.P. Ma se lui era al top, gli altri erano depressi, stressati, sicuramente poco contenti di lavorarci insieme. Due colleghi erano già passati a aziende concorrenti, e segretamente le due segretarie stavano mandando curriculum in giro per non avere più a che fare con quello stronzo, sempre pronto a far battute volgari, insinuazioni sulle abitudini sessuali, o anche ad allungare le mani. Insomma, tutto l'ufficio, colleghi e sottoposti, erano contro lo Stronzo, ma il management lo difendeva. La notte stessa del suo ritorno in ufficio, R.O. si fece un po' di conti: ok, lo Stronzo sarà pure stato il migliore dipendente dell'azienda, ma quanto costava realmente? 10% di produttività in meno per gli altri dipendenti, tanto per cominciare. Poi, il tempo perso dal direttore per gestirne l'ingombrante presenza: ore spese tra le lamentele (via mail e di persona) dei colleghi, qualche reclamo dai clienti, e quindi ogni tanto qualche rimprovero a B.P. Ancora: due dipendenti da rimpiazzare, con ricerca e formazione del nuovo personale. Senza contare gli effetti - non quantificabili - sulla vita privata. R.O. preparò rapidamente uno schema, e la mattina dopo lo depositò sulla scrivania del direttore e lo attaccò nella bacheca dell'ufficio. Tempo due giorni, B.P. era stato pubblicamente invitato ad andarsene, o a cambiare rapidamente e radicalmente il comportamento.
Il metodo antistronzi aveva funzionato: per R.O. il rientro dalle ferie si era rivelato un successo, grazie a un semplice e intuitivo conto economico. Infatti, gli stronzi sul posto di lavoro sono anche un costo aziendale. Ma soprattutto rovinano la vita a un sacco di gente cui magari il lavoro potrebbe anche piacere. E allora difendersi dagli stronzi diventa mezzo di sopravvivenza, miglioramento della qualità della vita, secondo una strategia ora formalizzata da un ingegnere gestionale dell'Università di Stanford, Robert Sutton, con Il metodo antistronzi (Elliot, pp. 221, euro 14). D'altra parte, afferma Sutton, e soprattutto di ritorno dalle vacanze ci si sente di dargli ragione, «le prove sono schiaccianti: il mondo del lavoro è pieno di stronzi». Persone come B.P., «maschi alfa» che intimidiscono il branco, che emergono grazie all'aggressività gratuita, alle umiliazioni inflitte senza motivo ai propri colleghi e ai sottoposti. Mai ai superiori: questa, spiega Sutton, è caratteristica fondamentale dello «stronzo patentato», acutamente consapevole della gerarchia e quindi pronto a vessare il più basso in grado. Le difese possibili sono molteplici: si va appunto dal mero conto economico da presentare a chi di dovere, fino alle tecniche di training autogeno per superare senza problemi le crisi acute, come quelle riunioni in cui volano accuse ingiuste, o quando il disaccordo creativo degenera in rissa perché uno stronzo vuole per forza giocare a «chi ce l'ha più grosso».
La chiave del metodo antistronzi consiste innanzitutto nel capire che la competizione esasperata, la maleducazione, e il sistematico disprezzo delle più elementari norme di convivenza, non giovano a nessuno. Come già dimostrato da importanti risultati della teoria dei giochi, la cooperazione alla fine dà risultati migliori rispetto al conflitto esasperato. Anche se lo stronzo è talentuoso, il suo comportamento è deleterio sull'ambiente che lo circonda, e rischia oltretutto la rapida moltiplicazione: uno stronzo vero può tirare fuori lo stronzo che è dentro ognuno di noi. Sapere come tenere a bada le proprie pulsioni è fondamentale per tenere a bada quelle degli altri. Spesso basta conoscere l'effetto che fa sentirsi dire in pubblico: «ma perché ti comporti così?» per controllarsi e mantenere un atteggiamento collaborativo e rispettoso degli altri. Perché, e questo è bene ricordarlo quando si torna dopo lo stacco delle vacanze, anche le brave persone possono essere contagiose, non solo gli stronzi. Dunque, la collaborazione è importante per mantenere un ambiente sano e produttivo, ed è importante che lo stronzo venga riconosciuto e bollato pubblicamente come tale.
E' una cosa che si può fare in qualsiasi momento, soprattutto se si trovano alleati vessati dalla persona in questione. Anche se, e questo Sutton lo sottolinea più volte, gli stronzi dovrebbero essere fermati sulla porta: esistono piccole regole per annusare immediatamente il tipo di persona, come per esempio osservarne subito l'atteggiamento nei confronti dei colleghi di grado inferiore. E' utile, questo manualetto, soprattutto per rendersi conto della facilità con cui si possono evitare le situazioni incresciose causate dagli stronzi. Pochi sforzi per avere un migliore ambiente di lavoro. Certo, Sutton è molto ottimista e liberista: si muove nel contesto di un mercato dove cambiare lavoro non è un problema, la disoccupazione non esiste, né esistono limiti ai licenziamenti. Fatta l'opportuna tara, è una lettura che può rendere più morbido il passaggio dall'ombrellone alla scrivania.